2016-10-02 Radio Vaticana
“Mai più violenza in nome di Dio!”, “nella notte dei conflitti” “le religioni siano albe di pace”. Così il Papa all’incontro interreligioso con lo Sceicco e i rappresentanti delle altre comunità religiose dell’Azerbaijan, presso la Moschea Heydar Aliev a Baku, ultimo evento di questo 16.mo viaggio apostolico internazionale. Dal canto suo lo Sceicco Allahshukur Pashazadeh ha sottolineato la ricchezza del “multiculturalismo” del Paese e ha ribadito l’importanza delle parole di Francesco per una risoluzione pacifica del conflitto in “Nagorno Karabakh fra l’Armenia e l’Azerbaigian”. Massimiliano Menichetti:
E’ un incontro fraterno fatto di sorrisi, scambio di doni, quello nella Moschea Heydar Aliev dove il Papa rileva subito “quell’armonia” in cui “le religioni insieme possono costruire” la società. Francesco usa espressioni come “spirito di famiglia” per evocare la concordia tra le fedi in Azerbaigian. Parla di giornata “memorabile” riferendosi all’accoglienza e l’ospitalità ricevuti:
“Qui si desidera custodire il grande patrimonio delle religioni e al tempo stesso si ricerca una maggiore e feconda apertura”.
“Dialogo”, “multiculturalità” e “collaborazione” sono segni in questo Paese concreti che costruiscono la società in cui ha spazio anche la piccola comunità cattolica:
“Aprendo le porte all’accoglienza e all’integrazione, si aprono le porte dei cuori di ciascuno e le porte della speranza per tutti”.
L’auspicio del Papa è che Azerbaigian “porta tra l’Oriente e l’Occidente” coltivi “sempre la sua vocazione di apertura e incontro, condizioni indispensabili per costruire solidi ponti di pace e un futuro degno dell’uomo”:
“La fraternità e la condivisione che desideriamo accrescere non saranno apprezzate da chi vuole rimarcare divisioni, rinfocolare tensioni e trarre guadagni da contrapposizioni e contrasti”.
Francesco ribadisce vie di pace, di accoglienza e condivisione che sono “gradite a Dio”:
“Aprirsi agli altri non impoverisce, ma arricchisce, perché aiuta a essere più umani”.
Bisogna vedere la “vita come un dono per gli altri” – sottolinea – e non come “traguardo” per i “propri interessi”. Per il Pontefice le religioni hanno il “grande compito” di “accompagnare gli uomini in cerca del senso della vita”.
Le religioni aiutano a capire che il “centro dell’uomo è fuori di sé”, “siamo protesi verso l’Alto infinito – dice – e verso l’altro che ci è prossimo”:
“La religione è dunque una necessità per l’uomo, per realizzare il suo fine, una bussola per orientarlo al bene e allontanarlo dal male, che sta sempre accovacciato alla porta del suo cuore”.
Le religioni hanno “un compito educativo” – prosegue – mentre parla dei paradossi della società come il “nichilismo” di chi non crede più a niente, “se non ai propri interessi, vantaggi e tornaconti”; della rigidità e fondamentalismo “di chi, con la violenza della parola e dei gesti, vuole imporre atteggiamenti estremi e radicalizzati, i più distanti dal Dio vivente”. Le religioni – aggiunge – al contrario, aiutano a discernere il bene, a metterlo in pratica, centrale la preghiera, per edificare la cultura dell’incontro e della pace, “fatta di pazienza, comprensione, passi umili e concreti”:
“Le religioni non devono mai essere strumentalizzate e mai possono prestare il fianco ad assecondare conflitti e contrapposizioni”.
Il Papa rimarca che “è compito di ogni società civile sostenere la religione”, che l’uomo non deve essere privato della libertà di scelta del credo e che “nelle religioni” non devono entrare interessi mondani, brame di potere e di denaro:
“Dio non può essere invocato per interessi di parte e per fini egoistici, non può giustificare alcuna forma di fondamentalismo, imperialismo o colonialismo. Ancora una volta, da questo luogo così significativo, sale il grido accorato: mai più violenza in nome di Dio! Che il suo santo Nome sia adorato, non profanato e mercanteggiato dagli odi e dalle contrapposizioni umane”.
“Preghiera e dialogo” sono le vie indicate da Francesco per costruire la pace. Una pace fondata sul “rispetto”, “l’incontro”, la “condivisione”, che va oltre i “pregiudizi” e i “torti del passato”, che rinuncia “alle doppiezze”. Una pace che abbatte le barriere della “povertà” e ingiustizia, che denuncia e arresta “la proliferazione di armi e i guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri”:
“La voce di troppo sangue grida a Dio dal suolo della terra, nostra casa comune”.
Il Papa guarda alle giovani generazioni, invoca la costruzione di un “futuro di pace” che interpella tutti a dare una risposta “non più rimandabile”. “Non è tempo di soluzioni violente e brusche – afferma – ma l’ora urgente di intraprendere processi pazienti di riconciliazione:
“Nella notte dei conflitti, che stiamo attraversando, le religioni siano albe di pace, semi di rinascita tra devastazioni di morte, echi di dialogo che risuonano instancabilmente, vie di incontro e di riconciliazione per arrivare anche là, dove i tentativi delle mediazioni ufficiali sembrano non sortire effetti”.