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GRAZIE, PAPA FRANCESCO

Il grazie nasce dalla presenza che abbiamo potuto condividere, dai gesti che abbiamo visto compiere in tutto il giorno e dalle parole che hanno accompagnato i diversi momenti di questa “fitta” giornata.

 

Alle CASE BIANCHE – QUARTIERE FORLANINI

Mi avete regalato questa immagine della vostra Madonnina: la Madonna mi accoglie già da qui, all’ingresso. E questo è importante, perché mi ricorda la premura di Maria, che corre a incontrare Elisabetta. E’ la premura, la sollecitudine della Chiesa, che non rimane nel centro ad aspettare, ma va incontro a tutti, nelle periferie, va incontro anche ai non cristiani, anche ai non credenti…; e porta a tutti Gesù, che è l’amore di Dio fatto carne, che dà senso alla nostra vita e la salva dal male. E la Madonna va incontro per accompagnarci nel cammino della vita;

 

IN DUOMO ( con i sacerdoti)

E’ bene che ci siano, le sfide. E’ bene, perché ci fanno crescere. Sono segno di una fede viva, di una comunità viva che cerca il suo Signore e tiene gli occhi e il cuore aperti. Dobbiamo piuttosto temere una fede senza sfide, una fede che si ritiene completa, tutta completa: come se tutto fosse stato detto e realizzato. Le sfide ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica. Via via che cresciamo, in mezzo a una moltitudine di voci dove apparentemente tutte hanno ragione, il discernimento di ciò che ci conduce alla Risurrezione, alla Vita e non a una cultura di morte, è cruciale. Ricordate: non c’è servizio all’altare, non c’è liturgia che non si apra al servizio dei poveri, e non c’è servizio dei poveri che non conduca alla liturgia; non c’è vocazione ecclesiale che non sia familiare. Pochi sì, in minoranza sì, anziani sì, rassegnati no! La logica di Dio non si capisce. Soltanto, si obbedisce. E questa è la strada su cui dovete andare. Scegliete le periferie, risvegliate processi, accendete la speranza spenta e fiaccata da una società che è diventata insensibile al dolore degli altri. E non dimentichiamo che «quando si mette Gesù in mezzo al suo popolo, il popolo trova gioia. Sì, solo questo potrà restituirci la gioia e la speranza, solo questo ci salverà dal vivere in un atteggiamento di sopravvivenza.

SALUTO DEL PAPA ALL’USCITA DAL DUOMO   Vi saluto e vi ringrazio per questa calorosa accoglienza qui a Milano. La nebbia se n’è andata! Le cattive lingue dicono che verrà la pioggia…Non so, io non la vedo ancora! Grazie tante per il vostro affetto, e vi chiedo per favore la vostra preghiera, di pregare per me, perché io possa servire il popolo di Dio, servire il Signore, e fare la sua volontà.

 

CARCERI DI SAN VITTORE 

Prima di incontrarlo con l’entusiasmo che abbiamo visto in TV gli avevano mandato questo messaggio: “ Preghi Santo Padre con tutti noi, perché i nostri errori diventino profondo e sincero pentimento, nonché fonte d’insegnamento per non tornare a sbagliare e vivere la nostra vita futura da veri figli di Dio….. anche noi siamo capaci di redimerci da ciò che abbiamo commesso, anche noi siamo capaci di amare, e di provare dei sentimenti come ogni altro essere umano. Preghi Santo Padre, con tutti noi, affinché coloro ai quali abbiamo fatto del male con le nostre azioni possano perdonarci.” Davvero forti e molteplici sono le risorse della misericordia di Dio in Cristo Gesù!!

Non devono certo meravigliarci le parole del Papa che li chiama “fratelli in Cristo Gesù”. «Per me siete Gesù, siete fratelli», proprio perché Cristo ha suscitato in loro sentimenti di pentimento, desideri di redenzione e di riparazione del male commesso. Poi, il Papa ha confidato al cappellano, don Marco Recalcati, prima di salire in auto, diretto a Monza: «Voglio bene a queste persone »

 

OMELIA S. MESSA A MONZA

Al pari di Maria, anche noi possiamo essere presi dallo smarrimento. «Come avverrà questo» in tempi così pieni di speculazione? Si specula sulla vita, sul lavoro, sulla famiglia. Si specula sui poveri e sui migranti; si specula sui giovani e sul loro futuro. Tutto sembra ridursi a cifre, lasciando, per altro verso, che la vita quotidiana di tante famiglie si tinga di precarietà e di insicurezza. Mentre il dolore bussa a molte porte, mentre in tanti giovani cresce l’insoddisfazione per mancanza di reali opportunità, la speculazione abbonda ovunque

Certamente, il ritmo vertiginoso a cui siamo sottoposti sembrerebbe rubarci la speranza e la gioia. E paradossalmente quando tutto si accelera per costruire – in teoria – una società migliore, alla fine non si ha tempo per niente e per nessuno. Perdiamo il tempo per la famiglia, il tempo per la comunità, perdiamo il tempo per l’amicizia, per la solidarietà e per la memoria. Ci farà bene domandarci: come è possibile vivere la gioia del Vangelo oggi all’interno delle nostre città? E’ possibile la speranza cristiana in questa situazione, qui e ora? Queste due domande toccano la nostra identità, la vita delle nostre famiglie, dei nostri paesi e delle nostre città. Toccano la vita dei nostri figli, dei nostri giovani ed esigono da parte nostra un nuovo modo di situarci nella storia. Se continuano ad essere possibili la gioia e la speranza cristiana non possiamo, non vogliamo rimanere davanti a tante situazioni dolorose come meri spettatori che guardano il cielo aspettando che “smetta di piovere”. Tutto ciò che accade esige da noi che guardiamo al presente con audacia, con l’audacia di chi sa che la gioia della salvezza prende forma nella vita quotidiana della casa di una giovane di Nazareth.

SAN SIRO (con i ragazzi della Cresima)

Queste tre cose faranno – davvero, questo è un consiglio che vi do – queste tre cose vi faranno crescere nell’amicizia con Gesù: parlare con i nonni, giocare con gli amici e andare in parrocchia e in oratorio. Perché, con queste tre cose, tu pregherai di più. [applausi] E la preghiera è quel filo che unisce le tre cose. Grazie. [applausi]

Mostrare ai ragazzi come la fede ci aiuta ad andare avanti, ad affrontare tanti drammi che abbiamo, non con un atteggiamento pessimista ma fiducioso, questa è la migliore testimonianza che possiamo dare loro. C’è un modo di dire: “Le parole se le porta il vento”, ma quello che si semina nella memoria, nel cuore, rimane per sempre.

“Tu, giochi con i tuoi figli?… Giochi?”  I genitori in questi tempi non possono, o hanno perso l’abitudine di giocare con i figli, di “perdere tempo” con i figli. Un papà una volta mi ha detto: “Padre, quando io parto per andare al lavoro, ancora stanno a letto, e quando torno la sera tardi già sono a letto. Li vedo soltanto nei giorni festivi”. E’ brutto! E’ questa vita che ci toglie l’umanità! Ma tenete a mente questo: giocare con i figli, “perdere tempo” con i figli è anche trasmettere la fede. E’ la gratuità, la gratuità di Dio.

I sacerdoti della comunità pastorale s. Ambrogio di Parabiago

 

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