“Vivere la misericordia e il perdono in una terra distrutta dalla guerra”
Testimonianza di Mons. Boutrus Marayati
Arcivescovo Armeno Cattolico di Aleppo
Ringrazio il Signore che mi ha dato l’opportunità di essere con voi stasera per glorificare la sua croce e Cristo sulla croce. Grazie don Mauro e don Felice per l’accoglienza e grazie della vostra presenza e per il vostro sostegno.La nostra Chiesa Armena ha proclamato l’anno del servizio. Cristo ha detto non voglio essere servito, ma servire. Questo tema scelto dalla nostra Chiesa armena è in piena sintonia con quel tema che ha proclamato Papa Francesco: il Giubileo della Misericordia. Il simbolo dell’Anno giubilare è bellissimo: Cristo che porta sulle spalle un uomo peccatore. Cristo porta noi sulle spalle perché ci ama ed è morto per noi. Servizio e Misericordia si completano: non c’è servizio cristiano senza spirito di misericordia, senza compassione. Non c’è misericordia astratta o speculativa: la misericordia cristiana è opera di carità. Nella lettera di San Giacomo non si invita il bisognoso a pregare: devi dare tu da mangiare. La fede diventa opera. San Paolo fa servizio, va a trovare denaro, ha chiesto aiuto per la Chiesa povera di Gerusalemme. Servizio e misericordia. Prima di tutto: misericordia. Tutta la Scrittura parla di misericordia. Il Santo Padre ha detto: “il nome di Dio è misericordia”. La liturgia armena sempre ripete “Signore pietà”, come la Chiesa ambrosiana. Il 12 aprile 2015 il Santo Padre ha proclamato un monaco armeno morto nel 1005 dottore della Chiesa universale per le sue preghiere dove si crede grande peccatore e chiede misericordia a Dio. Più diventi santo più senti il senso del peccato, meno sei santo più il peccato non ti dice niente: questo santo, San Gregorio di Narek scrive in una sua preghiera: “Ho peccato scordando benefici, rendendo il mio corpo nemico dell’anima, tradendo te che sei vita, disprezzando la tua parola, di abbandono ho peccato: Ho peccato credendomi degno di morte senza ritorno. Ho peccato di irriverenza verso la tua grandezza. Eppure tu sai perdonare ogni mio debito e guarisci le ferite mortali. Dio di misericordia, Signore di tutto.” Un giorno ho sentito l’omelia di un sacerdote: “Sapete perché Cristo ha scelto Pietro come capo degli apostoli, lui che lo ha rinnegato tre volte, lui che ha avuto dubbi, sposato, che non sapeva leggere né scrivere, con la spada…e non Giovanni, non sposato, che era vicino Lui? Perché non Giovanni al quale ha consegnato Sua madre? Perché Pietro ha sperimentato la misericordia di Dio, il peccatore che ha sperimentato il perdono e quindi poteva essere più sensibile, comprendere gli altri.” Misericordia, sapere chiedere perdono ed essere perdonati da Dio. Dio non si stanca mai di perdonare. Hugo ha scritto “I miserabili”. In una scena Jean Valjean, un ladro, esce di prigione, non sa dove andare, bussa ad una chiesa e il Monsignore lo fa dormire in sagrestia. La notte vede candelabri e calici preziosi, ruba tutto e fugge. Il giorno dopo bussano alla porta del Vescovo i poliziotti che hanno preso il ladro con la refurtiva e dicono al Monsignore “Monsignore, lo abbiamo preso, stava vendendo la tua roba” e il Monsignore dice “Sono io che gli ho dato queste cose perché le vendesse per vivere”. Jean Valjean guarda il Vescovo e dice Hugo “da quel giorno il ladro ha cambiato vita perché ha incontrato la misericordia”. C’è qualcuno che ci perdona, c’è la misericordia di Dio più grande di noi. “Nessun peccato non può essere tolto, dimenticato da Dio” dice il Papa. Questa è la vera misericordia. Cristo ci guarda dalla croce oggi, sente il nostro dolore. Se il grande Santo armeno si sentiva peccatore noi cosa dobbiamo dire? Come il ladro sulla croce “Abbi pietà!”: ha rubato la miglior cosa della vita: il Regno dei Cieli. Chiediamo perdono, Cristo ci perdonerà. Il secondo tema in sintonia con la misericordia è il servizio. La misericordia può essere egoista, penso alla mia vita eterna,ma gli altri che posto hanno per me? Vengo da un posto dove c’è la guerra: Aleppo, una città martire e lì tutti stiamo vivendo la spiritualità del servizio nella misericordia. Il mio Arcivescovado è diventato luogo di accoglienza. Si dice che il Vescovado è la casa del Vescovo, dove la gente va per chiedere certificati. Per noi adesso è la “casa del povero”, casa di carità. Il Papa dice “Andate fuori, accogliete”: è quello che stiamo facendo perché la gente soffre, non c’è cibo, medicine. Quel che mi commuove di più è vedere i miei fedeli che prima della guerra venivano a dare aiuto ai poveri venire adesso loro, dopo quattro anni di guerra a chiedere l’elemosina. Non riesco a guardarli negli occhi: erano ricchi e sono diventati poveri. Non c’è niente di peggio che cadere da una situazione agiata in povertà. Ho visto fotografi che volevano fotografarli e loro nascondersi. Tutti siamo diventati mendicanti, bisognosi. Aleppo era luogo di incontro, di cultura e di civiltà. Noi aiutavamo le altre parrocchie: adesso Aleppo è quartieri in macerie, case distrutte, chiese bombardate. Di cinque chiese ne sono rimaste tre, così come le scuole. Abbiamo trasformato le sale parrocchiali in scuola. Senza cibo, gasolio, latte, ma arrivano le bombe; la gente ha paura e lascia la città. La metà del nostro popolo è andata via. Ma noi continuiamo: c’è un resto, come dice la Bibbia. Noi vogliamo rimanere: aiutateci a rimanere. Il Papa dice: “Non andate via, il Medio Oriente non ha senso senza la presenza dei cristiani”. Come possiamo fare? Noi crediamo nella resurrezione: abbiamo vissuto nel 1915 un genocidio. Abbiamo la fede che la pace tornerà, grazie alle vostre preghiere e sostegno. In Siria è nato il Cristianesimo: Paolo ha avuto la conversione a Damasco, i discepoli di Cristo furono chiamati Cristiani per al prima volta ad Antiochia, vicino ad Aleppo. Ecco questa è la nostra situazione: la gente ha bisogno di aiuto per rimanere, sopravvivere e vivere. Voglio terminare dicendo che nonostante questa guerra sporca, sporca perché ci sono tanti interessi, c’è qualcosa di buono. Abbiamo imparato delle lezioni in questi quattro anni di guerra in cui bambini innocenti e anziani muoiono. Abbiamo imparato tre cose. Questa guerra è un tempo forte di fede dove abbiamo imparato la pazienza: la gente viene a pregare più di prima. Le chiese rimaste sono piene, perché non abbiamo altra scelta. Quelli che erano lontani dalla Chiesa adesso vengono a pregare; la Chiesa non è solo posto per ricevere aiuti, ma per pregare, piangere e gridare. Credo nella forza della preghiera. Il Signore troverà la fede sulla terra? Se abbiamo fede possiamo fare miracoli, smuovere le montagne, sradicare gli alberi. Durante la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani da anni ci chiedono di pregare per questo. Ma i nostri fedeli ci dicono: “Dov’è questa unità?” Ma in realtà il miracolo è arrivato: l’incontro storico dopo mille anni tra Papa Francesco e il Patriarca Cirillo non credete che sia un miracolo? Crediamo nella preghiera, crediamo che con la nostra preghiera la pace tornerà in Siria e comincerà un tempo di conversione. Spirito ecumenico. Cattolici, protestanti, ortodossi: prima ciascuno era nella sua Chiesa, adesso lavoriamo tutti insieme. Non puoi dire “sei ortodosso,protestante, va’ dai tuoi”. Tutti lavoriamo insieme. Il Papa parla sempre di un0’ecumenismo del sangue, cioè il martirio. Noi abbiamo vissuto il martirio nel 1915: non hanno fatto differenza tra cattolici,ortodossi, protestanti. Oggi viviamo un altro ecumenismo, quello del servizio e della misericordia: la diaconia, siamo un con l’altro, non contro l’altro. Solidarietà: i giovani aiutano gli anziani, chi vive nello stesso palazzo si aiuta,prima ciascuno viveva per sé. Il povero aiuta il più povero. Non solo tra cristiani, ma anche con i musulmani che vivono da noi. La solidarietà fa più umani. Non crediate che tutti i musulmani siano fondamentalisti. Noi abbiamo vissuto con musulmani moderati. Da dove è venuto questo Islam del medioevo non si sa. C’è un giovane musulmano che aiuta un’anziana cristiana. I cristiani, i suoi parenti, i suoi figli non hanno fatto per questa anziana vedova malata cristiana ciò che fa questo giovane musulmano. Prima di venire qui è venuta un’anziana: chiedeva aiuto, denaro. Se non dai aiuto ad un povero e lo mandi da un’associazione di beneficenza hai sempre un problema di coscienza; se dai aiuto torneranno perché il povero è insistente. Dopo due giorni ritorna a chiedere medicine, poi ancora, poi ancora per la quarta volta. Ho detto “Adesso basta, ci sono altri poveri”. Insiste e la voglio ricevere per l’ultima volta. Aveva un pacco con sé, conteneva sciarpe di lana: “Io ho lavorato, non sono venuta a chiedere denaro questa volta, vengo per offrire queste sciarpe che ho fatto per i bambini”. La carità e la solidarietà non hanno limiti, sempre c’è qualcosa di buono, soprattutto nei poveri c’è la dignità umana. Chiedo la vostra solidarietà perché ad Aleppo c’è un piccolo gregge che vuole continuare a vivere. Pregate per noi, non saremo più emigrati, tornerà la pace e cominceremo una vita nuova. Per Dio non c’è niente di impossibile.
Alcuni momenti della serata
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