Il contesto in cui Gesù compie il miracolo della guarigione del cieco dalla nascita è importante e istruttivo
A Avviene a Gerusalemme durante la celebrazione della festa delle Capanne
Il vangelo di Giovanni, da cui è tratto il brano di questa domenica, sottolinea che “si avvicinava la festa dei Giudei, delle Capanne” (Gv 7,1) e Gesù vi partecipò, nonostante sapesse del pericolo mortale che poteva aggredirlo.
Era l’autunno dell’ultimo anno di vita di Gesù. La festa delle Capanne era il ringraziamento comunitario a Dio per aver guidato il popolo nel lungo cammino dall’Egitto verso la Terra Promessa. Nella notte del primo giorno della festa il Tempio veniva illuminato sfarzosamente con torce e bracieri. E ogni mattina della settimana di festa, il sacerdote scendeva in processione alla piscina di Siloe ( la sorgente e la vasca che aveva il nome “Siloe” – che significa “Inviato”, “Messia” ) e attingeva, con un recipiente d’oro, l’acqua, che poi versava sull’altare.
Questa festa evocava due aspetti delle promesse di Dio: la luce che illumina la vita e l’acqua che purifica il cuore dell’uomo
1) La luce La città – e il tempio in particolare – venivano illuminati ad indicare appunto che è stato Dio a guidare il popolo dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà. L’immagine della luce applicata a Dio sta ad indicare che Lui è santità assoluta e perciò chi gli è fedele viene purificato e illuminato interiormente
2) L’acqua Lo scendere processionalmente dal tempio alla piscina di Siloe per attingervi acqua, e poi il risalire al Tempio, fra canti, danze per cospargere l’altare dei sacrifici, aveva molti significati.
– Richiamava il dono prezioso dell’acqua che ogni anno fa rifiorire la campagna e, soprattutto, il miracolo dell’acqua sgorgata dalla roccia nel deserto per dissetare il popolo (Es 17,1-7).
– Rimandava alla profezia di Ezechiele circa il “Tempio nuovo”, quello messianico, dal quale sarebbe scaturita l’acqua della salvezza perenne. (Cfr Ez 47,1-12:)
– Infine, richiamava il dono di una purificazione divina, del cuore dell’uomo, cioè delle radici della sua vita.
B Gesù, in quella circostanza festosa, aveva proclamato di essere Lui la luce e l’acqua che purifica la vita.
“ Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva».” (Gv 7,37-38) Poi, di nuovo disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». (Gv 8,12)
C Il miracolo è compiuto da Gesù con un operare sorprendente e sconcertante
A conferma delle sue affermazioni Gesù guarisce il cieco dalla nascita, spontaneamente, senza che nessuna glielo chieda, e lo guarisce mettendogli sugli occhi fango impastato dalla sua saliva con la polvere e ordinandogli di andare a lavarsi non in un qualsiasi posto, ma alla sorgente di “Siloe” che l’Evangelista si premura di evidenziare che significa piscina o sorgente “dell’Inviato”, cioè del Messia. Con il suo modo di operare il miracolo, Gesù vuol insegnare che è davvero Lui la luce e la purificazione del cieco di Gerusalemme e di tutta l’umanità tratta da Dio dalla polvere ed elevata a sua immagine dal soffio di Dio infuso in ogni uomo.
D Dove è oggi la sorgente di Siloe in cui Gesù ci lava e ci illumina?
L’acqua del Messia è il battesimo. “ ….il battesimo ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo” (1 Pt 3, 21) “ ….per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Cristo nella sua morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.” (Rm 6,4-14)
Conclusione
Il miracolo si conclude con una scena impressionante: al centro sta il Cristo e di fronte a lui il miracolato che interrogato da Gesù: “Credi tu che io sono il Messia”, gli risponde: “ Io Credo, Signore!». La luce di Cristo lo ha davvero illuminato e reso forte da professare la propria fede in un ambiente ostile.
I sacerdoti della comunità pastorale s. Ambrogio di Parabiago